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8 – Predizione dell’illuminazione a cinquecento discepoli

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All’inizio del capitolo Shakyamuni predice l’Illuminazione di Purna, che aveva gioito ascoltando la predicazione avvenuta nel capitolo precedente. Purna era considerato da Shakymuni «[…] come il migliore fra coloro che predicano la Legge». Shakyamuni spiega ancora: «E ho sempre lodato anche i suoi molti meriti, la sua diligenza nel proteggere, sostenere, aiutare a proclamare la mia Legge, la sua bravura nell’istruire, beneficare e rallegrare le quattro categorie di credenti […]» (Op. cit., p. 210). Shakyamuni poi rivela che Purna nel futuro sarebbe diventato un Budda chiamato Tathagata Fulgida Legge, in un’epoca chiamata Tesoro Fulgido e nella terra dal nome Buona e Pura. Anche i cinquecento arhat, ai quali nel capitolo precedente aveva raccontato la parabola della “Città fantasma”, ricevono la predizione dell’Illuminazione «diverranno Budda uno dopo l’altro;/ avranno tutti lo stesso nome, Splendore Universale». I cinquecento arhat esultando di gioia, dichiarano che in passato avevano sbagliato; credendo di avere già raggiunto la saggezza si erano accontentati di una saggezza insignificante. Per spiegare i loro sentimenti, raccontano la parabola “del gioiello e della veste” dove si narra la storia di un uomo poverissimo che visita un amico molto ricco ricevendo affetto e cibo. Quando il povero cade addormentato, dovendo il ricco amico partire per affari, cuce nella fodera del vestito del povero «un gioiello inestimabile». Quest’ultimo, svegliatosi, riprende a vagare, ignaro di possedere tale dono. Affronta mille sofferenze, vive in costante stato di bisogno, ma è sempre contento delle piccole cose che riesce ad ottenere. Passato del tempo, incontra di nuovo il suo amico ricco che, vedendolo ancora in povertà, gli dice: «Che cosa assurda, vecchio mio! Come mai ti sei ridotto così per procurarti da mangiare e vestire? In passato mi volli assicurare che tu potessi vivere agiatamente e soddisfare i cinque desideri; così in quel dato giorno di quel mese di quell’anno, presi un gioiello inestimabile e lo cucii nella fodera del tuo abito. Deve trovarsi ancora lì adesso. Ma tu non ne sapevi nulla e ti sei affaticato e tormentato cercando di guadagnarti da vivere. Che cosa insensata!» (Op. cit., pp. 217-218). Alla scoperta della gemma l’uomo prova una gioia immensa.

  • Voi monaci, ascoltate attentamente! La Via seguita dai figli del Budda, ben istruiti sugli espedienti, è meravigliosa, al di là di ogni immaginazione.
  • Essi sanno che gli esseri si compiacciono di una dottrina inferiore, timorosi di una grande saggezza. Perciò i bodhisatvva si comportano come ascoltatori della voce o pratyekabuddha, avvalendosi di innumerevoli espedienti per convertire i diversi tipi di esseri viventi.
  • Interiormente, in segreto, agiscono da bodhisattva, ma esteriormente appaiono ascoltatori della voce. Sembra che riducano i desideri in odio a nascita e morte, ma in verità stanno purificando le terre del Budda.
  • «Onorato dal mondo, adesso abbiamo capito. In effetti noi siamo bodhisattva e abbiamo ascoltato la predizione che conseguiremo l'anuttara-samyak-sambodhi. Per questa ragione ci sentiamo colmi di gioia, avendo ottenuto ciò che mai ci saremmo aspettati.»
  • A quel tempo Ajnata Kaundinya e gli altri, desiderando ribadire il loro pensiero, si espressero in versi dicendo:
    Abbiamo udito il suono di questa predizione
    che ci assicura benessere e tranquillità senza uguali;
    ci rallegriamo avendo ottenuto ciò che mai avevamo avuto prima
    e ci inchiniamo al Budda immensamente saggio.
    Ora, in presenza dell'onorato dal mondo,
    deploriamo le nostre colpe e i nostri errori.
    Dell'incommensurabile tesoro del Budda
    abbiamo ottenuto solo una piccola parte del nirvana
    e, come persone ignoranti e stupide,
    abbiamo pensato che fosse sufficiente.
    Siamo come un uomo povero e miserando
    che si recò a casa di un caro amico.
    La casa era molto sontuosa
    e gli furono serviti vassoi di leccornie.
    L'amico prese un gioiello inestimabile,
    lo cucì nella fodera della veste dell'uomo povero, e se ne andò senza dire una parola;
    l'uomo, che stava dormendo, non si accorse di nulla. Al suo risveglio
    vagò qua e là in diversi paesi
    in cerca di cibo e vesti per mantenersi in vita,
    incontrando molte difficoltà nel guadagnarsi da vivere.
    Se la cavò con quel poco che riuscì a trovare
    disperando di poter avere qualcosa di meglio,
    ignaro del fatto che nella fodera della sua veste
    custodiva un gioiello inestimabile.
    In seguito l'amico che gli aveva donato il gioiello,
    incontrò per caso l'uomo povero
    e, dopo averlo rimproverato aspramente,
    gli mostrò il gioiello cucito nella veste.
    Quando l'uomo povero vide il gioiello,
    il suo cuore si riempì di grande gioia
    perché era ricco e poteva disporre di beni e ricchezze sufficienti a
    soddisfare i cinque desideri. Noi siamo come quell'uomo.
    Per tutta la lunga notte l'onorato dal mondo
    nella sua compassione ci ha costantemente istruito,
    inducendoci a coltivare l'aspirazione suprema.
    Ma poiché siamo privi di saggezza
    siamo inconsapevoli di ciò, ignari.
    Avendo ottenuto una piccola parte del nirvana,
    ci sentiamo soddisfatti e non cerchiamo altro.
    Ma ora il Budda ci risveglia
    e ci dice: «Questa non è autentica estinzione.
    Quando avrete raggiunto la saggezza suprema del Budda,
    quella sarà la vera estinzione!»
    Ora abbiamo udito dal Budda
    queste predizioni, le descrizioni degli ornamenti
    e come ognuno a sua volta concederà la predizione al suo successore
    e siamo colmi di gioia nel corpo e nella mente
    .,